Salomé nella letteratura e nell'arte

Negli anni sessanta del XIX secolo Charles Baudelaire si ispira per delle composizioni poetiche (testi 27 e 28 della sezione ‘Spleen et Ideale’), contenute ne Les Fleurs du Mal, alle figure di Erodiade e della figlia concentrando la propria attenzione soprattutto su quest’ultima.
Nel 1876 viene esposto al Salon International il quadro Salomè danza davanti ad Erode dipinto da Gustave Moreau (tempera alla quale seguirà dopo breve il dipinto a olio L’Apparition). Fu proprio questo l’inizio di un periodo in cui vari autori europei si dedicarono alla riscoperta dell’affascinante mito.
Primo fra tutti Flaubert che compone l’Hérodias, forse ispirato proprio dai dipinti di Moreau. Nel racconto flaubertiano Erodiade viene descritta quasi come una donna gendarme mentre Erode le si contrappone venendo dipinto come un imperito ma raffinato esteta. La figlia Salomè invece appare come uno strumento che viene usato astutamente dalla madre per raggiungere i propri fini velleitari.
Questa esegesi va a tessersi con uno dei testi più popolari di Salomè: l’opera di Oscar Wilde.
Viene scritto nel 1891 e più di ogni altra opera dà al suo nome il significato di perversità sessuale.
Fu composta direttamente in francese da Wilde ed arricchita dalle illustrazioni di Audrey Beardsley.
L’innovazione nel dramma dell’esteta irlandese sta nell’attribuzione a Salomè, e non più ad Erodiade, della decapitazione di Giovanni Battista. Essendosi la principessa innamorata perdutamente del profeta, ma non vedendosi corrisposta, dispone attraverso la decapitazione la propria vendetta. La variante proposta da Wilde ha radici nella prima metà dell’ ‘800: nel poema “Atta Troll” scritto negli anni ’40 da Heine. Nel componimento heiniano l’autore racconta di avere assis
tito in sogno ad una parata di personaggi illustri in forma di “caccia selvaggia” nella quale si staglia la figura della regina Erodiade accompagnata da Diana, dea della caccia, e dalla fata Abunde.
La descrizione dell’episodio onirico si conclude con l’immagine di Erodiade tornata fanciulla (figurando come Salomè) mentre si diletta nel baciare e giocare con la testa del profeta martire.
Anche nella letteratura italiana compare il mito della femme fatale, chi tra gli autori decadenti e romantici ne enfatizza maggiormente i tratti diabolici è Gabriele D’Annunzio. I personaggi femminili nelle opere del poeta abruzzese ricoprono spesso un ruolo importante e spesso anche decisivo. Le opere di D’Annunzio risentono di varie influenze dal passato tra cui anche quelle tardo-romantiche e decadenti che soprattutto in Inghilterra e Francia hanno fatto propria la scena letteraria del XIX secolo. È proprio la sensibilità eccessiva di questo periodo che offre la migliore rappresentazione della donna crudele ed approfittatrice descritta per l’appunto da D’Annunzio. Quest’ultimo però si ribella sviluppando il concetto di Superomismo ispirato maldestramente alla filosofia di
Friedrich Nietzsche. Tra le sue opere narrative più significative ricordiamo Il Piacere dove Elena Muti, una delle protagoniste femminili del testo, indurrà Andrea Sperelli (personaggio principale) al completo asservimento.

Il mito di Salomè non poteva non essere presente anche nella pittura e nel teatro. In ambito pittorico ricordiamo Régnault (Salomé, esposto al Salon di Parigi nel 1870) il quale dimostra attraverso il proprio lavoro ispirato alla principessa demoniaca quanto, durante la fine dell’ ‘800 e gli inizi del ‘900, nell’arte ma anche nella quotidianità (arredamento, a
bbigliamento, danza), si fosse diffusa la passione per l’oriente. I paesi di cultura araba, dall'Africa settentrionale alla Persia erano ritenuti molto pittoreschi e sensuali. Questo clima fu anche favorito dal fenomeno del colonialismo e degli scavi archeologici. Nei salotti dell'alta società divenne consuetudine arredare con tessuti, pelli e vasi orientali, possedere animali esotici come grossi felini, scimmie e pappagalli ed intrattenersi con danze del ventre e bagni turchi.
Klimt dipinge un erotismo elegante e raffinato, un languido appagamento amoroso, mai crudo o volgare nemmeno nelle opere più audaci. E' sicuramente influenzato dall'estetismo e dai temi decadenti, da episodi di seduzione mortale.La femme fatale è solo uno dei tanti aspetti della donna analizzato da Klimt. Egli ha, infatti, come soggetto prediletto la figura femminile quale personificazione di tutti i mali e tentazioni.
Per Gustave Moreau, i cui temi prediletti sono il male e la morte incarnati nella bellezza femminile, sarebbe stato impossibile il mancato incontro con la Salomè, di cui diviene pittore ossessionato, data la frequenza assidua con la quale si cimenta con tale soggetto. Moreau dipinge molte altre donne fatali come Medea, Dalila, Elena, Messalina e Galatea.

Per ciò che riguarda il teatro: nel 1906 a Dresda viene rappresentata la lirica di Strauss intitolata Salome ispirat
a al testo wildiano. Anche in Italia il mito ebbe una propria eco testimoniata tra gli anni sessanta e settanta (del ‘900) dalle prove sperimentali del poliedrico Carmelo Bene, ideatore di una rappresentazione triviale che in pieno richiama la dissolutezza del Satyricon di Petronio.
D’obbligo quindi è citare la recente prova operistica allestita da Albertazzi nel Teatro dell’Opera capitolina nel gennaio 2007, che tanto scalpore ha suscitato a livello mediatico più per le nudità portate in scena dalla protagonista che non per la fedeltà al testo originario (Wilde).

Alla luce di tutto ciò è immediato chiedersi se la tradizione della femme fatale trovi ancora spazio nella società contemporanea. Tra le varie tipologie di donne appartenenti alla nostra era c’è ancora chi incarna la danzatrice biblica? La donna del XXI secolo, che ambisce a realizzarsi avvalendosi unicamente del proprio aspetto fisico, è accostabile alla principessa giudaica o è una inconsapevole vittima di una mera mercificazione della propria bellezza?
Non siamo forse spettatori di una messa in scena di false Salomè omologate a effimere figure imposte dai media?
Alla fine di questa analisi siamo portati a concludere che stia scemando quel mistero fuso ad erotismo e perversione tanto ben rappresentato dalle opere di Moreau e Klimt, banalizzato dall’imperversare di troppo facili nudità che quotidianamente vengono diffuse da emittenti televisive commerciali e riviste scandalistiche.